Due
ragazze si risvegliano in un ambiente sconosciuto. Sembrano
ricordare poco o nulla di loro stesse: chi sono, cosa fanno
nella vita, come sono finite lì. Un altro paio di personaggi che
compaiono occasionalmente in un monitor, e alcuni indizi che
emergono dagli oggetti presenti nell’ambiente, riconducono ad
alcuni testi di Edgar Allan Poe, con i quali le ragazze sembrano
padroneggiare. E così lentamente affiorerà la verità…
Il datore di esistenze è il secondo capitolo dopo
"Ballata in rosso", di una trilogia di lavori ispirati alle
opere di Edgar Allan Poe, prodotto da Contaminarte con la
coproduzione dell’Associazione Culturale QualcosArte.
Il lavoro è completamente indipendente a livello narrativo dal
precedente e rientrava in un progetto di lavori realizzati a
basso consumo e a basso impatto ambientale, soprattutto per
quanto riguardava l’illuminotecnica e il suono.
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lo spettacolo integrale
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Liberamente
ispirato a "Gli uccelli" di Aristofane, lo spettacolo vede
protagoniste della storia due ragazze dei giorni nostri, di
diversa provenienza ed estrazione sociale, che s’incontrano
casualmente su un volo diretto alla fantomatica città di
Nubicuculia. Seguendo le indicazioni della compagnia aerea
(versione moderna dei gracchi di Aristofane), arrivano nel mondo
degli uccelli, sospeso a metà tra la terra e il regno degli Dei,
lontano da stress, noie e dispiaceri.
La commedia greca fornisce testi che, un gruppo teatrale trova
il tempo e le modalità di masticare, assimilare e digerire al
meglio, prima di portarlo sulla scena.
Il contenuto dell'opera di Aristofane, risulta incredibilmente
attuale ed attualizzabile: il testo, infatti, affronta il tema
dell’essere umano che vuole fuggire dalla propria realtà
corrotta e conflittuale, cercando rifugio in un mondo
apparentemente incontaminato, ma finirà per ridurre anche questo
nuovo mondo alla stessa sorte, non riuscendo l’uomo a rinunciare
alla sua sete di potere. Il mio adattamento si mantiene
piuttosto fedele al testo di Aristofane per quanto riguarda la
linearità della storia, con l’aggiunta di un finale che rende la
trama quasi circolare.
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Ispirato
a "L'opera da tre soldi". Il titolo fa riferimento a quel
pescecane, tanto caro a Brecht e ricorrente in diversi suoi
testi, che mostra le sue armi palesando la sua ferocia, al
contrario di chi le armi le nasconde per estrarle solo al
momento opportuno. L’allestimento racconta e analizza il testo,
mettendone “in scena” molti frammenti, in teatro o in video. Li
alterna con osservazioni, divagazioni, interviste-riflessioni,
che coinvolgono dall’uomo della strada, fino ad appassionati e/o
esperti che si sono resi gentilmente disponibili a dire la loro,
e a supportarci in questo viaggio attraverso il mondo
brechtiano. Il protagonista, Mackie Messer, non è interpretato
sulla scena da un unico attore, ma viene impersonato, di volta
in volta da ognuno dei sei personaggi principali della storia:
perchè Mackie è un personaggio che vive di fama riflessa.
Unoltre c’è un po’ di Mackie Messer, un lato oscuro, in ognuno
di noi, e questo rende abbastanza evidente a tutti il quadro di
una società “malata” e corrotta. Quello rappresentato sembra un
mondo insolito, sotterraneo, che si crede di non conoscere, per
poi scoprire invece che è il mondo in cui viviamo, e che ci
appartiene.
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In
un percorso improbabile, personaggi apparentemente bizzarri
popolano lo spazio scenico, lo fanno con musica, poesia, parole,
danza. Raccontano storie d’amore, cronache quotidiane pescate
nella massa delle esistenze comuni. Prendersi, perdersi,
rincorrersi, amarsi, lasciarsi, di questo parlano le vicende
narrate con lucida ironia, sensibilità, humor, spirito
graffiante, e talvolta vera commozione. Questi sono I
senzatetto dell’amore, il cui titolo prende spunto dalla
canzone “La cosa” di Calabrese-Carrà, portata al successo da
Cochi e Renato nel lontano 1973. Uomini e donne con nomi che in
molti casi ricordano noti amanti del passato a testimonianza
della continuità e insolubilità delle umane tribolazioni
d’amore. In questo spazio senza tempo i personaggi incrociano i
loro destini in un epilogo rivelazione della potenza di due
parole atte a descrivere il senso ultimo dell’essere al mondo:
“ti amo”. Musicalmente è un omaggio alla canzone italiana, da
quella d’autore, al pop, al punk, al genere demenziale. Non è un
musical (e ci tengo a dirlo perchè non amo il genere). E' uno
spettacolo di teatro e musica dal vivo nato all'interno di un
progetto-laboratorio, senza distinzione tra attori, cantanti,
musicisti e danzatori, ma con tanti personaggi sulla scena,
protagonisti di storie da raccontare.
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Ballata
in rosso è un’opera teatrale contaminata dal video, e
sonorizzata dal vivo con musica elettronica.Il progetto nasce
nel 2004 come laboratorio finalizzato alla messa in scena di un
allestimento multidisciplinare, sulla rivisitazione di un testo
scritto nel 1987 da Francesco Ghilardi e Nikola Roumeliotis e
ispirato a racconti di Edgar Allan Poe. L'allestimento
dell'attuale versione è iniziato nel settembre 2006 all'interno
del laboratorio ArteAlCentro.
La vicenda si svolge in una ipotesi di città castello medievale.
Tempo e spazio sono scanditi dai sette protagonisti. Un
non-tempo nel quale gli spazi sono definiti, o quasi “inventati”
dagli stati umorali e dalle coscienze dei personaggi: ora antri
cupi e claustrofobici delle proprie paure, ora ambienti sereni e
rassicuranti dei propri sogni.
I sette sono fermi ad una idea della vita e di un futuro fatto
per essere esplorato si, ma da altri. La paura del mettersi in
gioco, l’inquietudine per il possibile accrescersi dei propri
incubi e del materializzarsi di essi, li tiene bloccati in una
sorta di limbo, di vita-non vita, di un quotidiano in surplace
ove ogni gesto, azione, è messo in discussione in una sorta di
querelle infantile.
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il promo
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A
piena voce è un progetto di musica e poesia legato a testi
di V. Majakovskij, poeta russo di inizio Novecento del movimento
cubo-futurista, realizzato insieme all'attrice Elena Bizzotto e
alla cantante Giorgia Endrici.
Nei suoi saggi e nelle sue poesie espresse la volontà di un
deciso rinnovamento culturale in forte polemica con l'arte del
passato. Sua maggiore forza espressiva fu considerare la parola
un'entità autonoma da valorizzare nel suo involucro fonico,
rompendo la convenzione poetica del passato e trasportando nei
suoi versi il linguaggio della strada.
La performance cerca di riassumere in pochi brani la poetica di
Majakovskij: il suo lirismo proiettato verso obiettivi politici
e sociali, la sua delusione nel non riuscire a portare nella
Russia di quegli anni il rinnovamento auspicato, il desiderio di
rendere la cultura super-partes e non vincolata alla politica,
fino a raggiungere il culmine nei versi più intimisti e
struggenti rivolti a Lilja Brik, grande amore della sua vita.
La musica dal vivo accompagna e/o alterna la recitazione dei
versi, con l’aggiunta di alcune canzoni scritte appositamente
per il progetto e tratte da poesie dell’autore.
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lo spettacolo integrale
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Non
sia altro che un sogno..., performance itinerante ispirata
al testo di Shakespeare "Sogno di una notte di mezza estate", e
che coinvolge diverse forme di espressione artistica. La
rappresentazione mette in scena le location chiave della
commedia di Shakespeare. I giardini di Atene, che rappresentano
la casa del duca Teseo e della sua promessa sposa Ippolita,
regina delle Amazzoni; il Regno delle fate dove la musica e la
danza accompagnano le trame del re Oberon e del suo fedele e
maldestro servitore Puck e le disavventure della regina Titania;
il Bosco degli innamorati, luogo destinato ad ospitare le
schermaglie amorose dei quattro giovani innamorati in fuga; la
Radura dei commedianti dove un gruppo di artigiani anima la
scena provando ad interpretare a proprio modo la “lacrimevole
storia di Piramo e Tisbe”, da rappresentare in occasione delle
nozze del duca.
Il pubblico si muove tra le varie location guidato dal
succedersi degli eventi. Lo spettacolo si basa su pochi punti di
riferimento costanti ed è stato di volta in volta adattato alle
caratteristiche del luogo ove è stato rappresentato.
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Onde
e Frequenze, è una cavalcata attraverso 40 anni di musica,
moda e costume, ma anche di piccoli grandi eventi che hanno
caratterizzato la Storia. Sono tanti i momenti della nostra
storia recente, nei quali la musica ha avuto un ruolo chiave.
Con la tragedia di Altamont ad esempio, svanirono i sogni e le
aspirazioni di una generazione che per qualche tempo sembrò
avere il mano il mondo. La musica è stata ed è la colonna sonora
della nostra vita. Per chi l’ha vissuta, è evidente il crescendo
negli anni ’60 e ’70, di energia che sprizzava da quei suoni
grezzi e da quelle chitarre distorte, a rappresentare una gran
voglia di cambiamento. Fino all’ondata punk che dimostrò come la
voglia di fare possa essere più forte dei mezzi tecnici o dei
propri limiti. Poi nel 1985 arrivò Live Aid, e la musica entrò
via satellite nelle case di 60 paesi del mondo, e con essa vi
entrarono i temi di triste attualità. La musica a cavallo del
millennio credo abbia raccolto l’eredità degli anni precedenti;
la contaminazione è diventata una risorsa creativa fondamentale:
suoni analogici e digitali, strumenti acustici ed elettronici,
concerti ricchi di performance visive. Anthony Burgess scriveva:
“Gli esseri umani sono accumuli di energia, masse di acetone in
forma di carne, ed è più facile concentrare questa energia per
distruggere, dato che creare è così difficile, dal momento che
richiede cervello ed immaginazione”. Se vediamo la musica, e
l’arte in genere, come un modo di convogliare questa energia,
allora mi piace pensare che questo lavoro crei almeno una
riflessione su come l’energia di cui parla Burgess, possa essere
addomesticata ed utilizzata in altre direzioni.
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il promo
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Non
vorrei crepare è uno spettacolo-happening che prende
spunto dalla raccolta di composizioni “Je voudrais pas crever”,
di Boris Vian, e vuole essere un grande omaggio a questo
poliedrico artista, simbolo della Parigi degli esistenzialisti,
noto per il sarcasmo distruttivo dei suoi romanzi, per la feroce
critica contro istituzioni e convenzioni borghesi che accompagna
le sue opere teatrali, per i giochi verbali e la lucida
disperazione delle sue liriche. L’ecletticità di Vian, quasi un
prototipo di multimedialità (attore, ballerino, cantante,
librettista, musicista, giornalista, poeta, cantautore,
sceneggiatore, romanziere), viene rivisitata ai giorni nostri
attraverso mezzi di creatività e di espressione contemporanea.
Vian ha amato mettersi in gioco, si è cimentato con metodi
creativi profondamente diversi tra loro. Sin da giovanissimo si
rese conto che il mondo stava cambiando e questo accentuò la sua
voglia di sperimentare diverse forme artistiche. Molti lo
ricordano come famoso trombettista jazz del dopoguerra, o come
cantautore (sua la famosa “Il disertore” resa celebre da
Fossati). Altri come romanziere o librettista d’opera. Vian
amava la fantascienza, ma non ha fatto in tempo a godere di
"2001" o "Incontri ravvicinati del terzo tipo". Amava il romanzo
giallo e noir. Amava la musica, tutta, ed era grande amico di
Duke Ellington e Miles Davis. Vian era malato di cuore e quindi
aveva una gran fretta di vivere, senza perdere tempo. Ha
inventato per sé una sorta di pace-maker, ma non lo ha mai
brevettato perché l'unica cosa che gli interessava era
sopravvivere al suo cuore dispettoso. Non ha mai chiuso la porta
alla propria giovanile visione del mondo che ha tradotto in
lavori spesso surreali, acidi, divertenti, rabbiosi. Era
anti-militarista, anti-colonialista, anti-imbecilli. Era in
anticipo sui tempi, su tutto. Proponeva ricette patafisiche per
migliorare il mondo, ma la Patafisica, si sa, è la scienza delle
soluzioni immaginarie.
Uno
dei video utilizzati nello spettacolo
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